Charles Dow, matematica, natura e mercati finanziari

Non furono pochi i matematici che formularono le loro teorie studiando il comportamento dei fenomeni naturali; anzi, potremmo quasi azzardarci ad aprire un dibattito sull’origine stessa della matematica: probabilmente molti la rintraccerebbero nell’osservazione della natura.
E, oltre a questo, nonostante sembrino delle formulazioni teoriche senza risvolti reali, alcune formule matematiche si applicano con facilità alla natura, alla costituzione organica degli esseri viventi, o per l’appunto, all’analisi (statistica, tecnica, informatica).

Ma vediamo un esempio nel suo contesto.
Charles Dow (1851-1902), fondatore del Wall Street Journal, era convinto che la legge dell’azione e della reazione fosse applicabile ai mercati e non solo all’universo fisico.
Dopotutto, potremmo aggiungere, possiamo considerare i mercati come organismi da noi creati inconsapevolmente, rispondenti alle stesse leggi del nostro cervello, della nostra mente, della natura, in quanto noi esseri umani stessi siamo natura.

Diamo un’occhiata più da vicino a questa legge fisica. La formulazione attuale recita così:
“Se un corpo agisce su un secondo corpo con una data forza (azione), allora il secondo corpo agisce sul primo con una forza (reazione) uguale e contraria e diretta lungo la stessa linea d'azione.” Questa formula viene anche chiamata Terzo Principio della Termodinamica, e risale al 1687, da Isaac Newton.

Ma a livello pratico, come possiamo applicarla ai Mercati finanziari?

“Al verificarsi di determinati avvenimenti o in specifiche condizioni, la massa degli investitori tenderà ad agire sempre nello stesso modo tanto che a Wall Street è stata coniata un’espressione poco lusinghiera per descrivere la massa non consapevole di investitori: “parco buoi”.” (fonte Traderpedia)

Ogni azione compiuta nella vita reale è determinata da stimoli esterni o fattori biologici, scritti nel nostro dna, nel nostro contesto storico, nei meccanismi psicologici che ci spingono a fare o non fare qualcosa. E’ quindi inevitabile che la Borsa sia lo specchio di questi stessi meccanismi sociali, nel collettivo come nell’individuale.

Il trading è uno specchio, dell’individuo o del mondo, nel microcosmo e nel macrocosmo.

Ma oltre a questo, Charles Dow si muove in una metafora che da molto spazio alle riflessioni sulla natura dei fenomeni, fisici o finanziari.
Egli paragona le fasi del trend all’andamento della marea. Suddividendo il trend in tre diverse fasi (primario, secondario, minore), paragona ognuna di esse ad una parte specifica del movimento (marea, onde, e frangenti delle onde), il cui rapporto è idealmente armonico.

In uno degli articoli scritti da Dow per il Wall Street Journal è scritto:
“Le registrazioni del tradig dimostrano in molti casi che quando un titolo raggiunge l'apice subirà un moderato ribasso per poi tornare ad avvicinarsi alle cifre piu elevate.”; Già quest’affermazione in sé ricorda la marea, ma non soltanto quella: ricorda il contrarsi e il distendersi di un cuore, di un muscolo, o il respiro di ogni essere vivente; in senso più ampio, il principio di omeostasi, secondo il quale ogni sistema tende al proprio equilibrio dinamico.
Ogni essere vivente, infatti, tende a preservare un equilibrio interno, anche al variare delle condizioni esterne, attraverso dei processi di autoregolazione.
Per esempio, quando abbiamo freddo, cominciamo a tremare, a cercare una fonte di calore, o a coprirci. Se l’esposizione alle basse temperature è prolungata, il corpo comincerà a produrre calore da sé, attraverso la termogenesi, per mantenere più a lungo possibile la temperatura considerata “naturale”. Qualcosa di simile accade nei mercati: quando una valuta o un bene subirà un forte rialzo (o ribasso) tenderà a scendere o a salire, prima di confermare il movimento oppure tornare nei

propri passi. A lungo termine, tuttavia, si possono rintracciare dei valori che possiamo considerare omeostatici, o addirittura delle vere e proprie comfort zone del prezzo.